"Back to Black", l'ultimo strabiliante film musical sulla sfavillante Amy Winehouse (2024)

Esistono dei film particolarmente magnetici. Talvolta, in un malinconico e triste pomeriggio domenicale, assuefatto dalla noia, potresti imbatterti casualmente in uno di questi. Poi, ti siedi al cinema e, come se fosse un copione, ti ritrovi davanti a una maestosa scoperta. Usando un gergo scientifico potremmo quasi parlare di “Serendipità”. Attenzione, potresti anche essere un fan della scintillante Amy Winehouse. Se così fosse, non rimarrai certamente deluso. Strabiliante la tela con cui è stata intrecciata la pellicola, quasi come se un materiale fine, un tessuto nobile fosse stato utilizzato dal regista per realizzare quello scomposto arazzo che risulta essere la mosaica vita della diva britannica. Ma andiamo per gradi.

Trama

La vita di Amy Winehouse è stata indubbiamente travagliata. Qui e li ci sono stati diversi problemi, alcuni traumi infantili mai risolti e una personalità eccentrica da maneggiare con dovuta attenzione. È questo il quadro iniziale della personalità integra di una delicata Amy Winehouse. La gioventù, l’offesa al mondo, gli sfregi alla vita, la gratitudine alla nonna: ogni secondo è un attimo di estrema bellezza, il quale deve essere trattato con la dovuta reverenza. In un tafferuglio di spensierata musica jazz, quasi travolta dai ricordi di gloria atavici (l’ava era cantante ai tempi della ben più nota Elle Fitzgerald), Amy si ritrova a dover sfruttare la sua voce con una vitalità unica. Improvvisamente, viene lanciata nel mondo delle etichette, e da queste viene scagliata nel firmamento delle dive internazionali -senza dover mai rendere conto a nessuno, questo è ovvio e sottinteso. Poi, quel destino, quel maledetto fato, la ha portata a conoscere Blake, il suo unico marito. E Amy rimase inghiottita in un amore subdolo, in una vasta sezione della drammaticità della vita, in una relazione strana e altalenante, di quelle che oggi si etichetterebbero come “Tossiche”. Blake, un marito rovinato dai debiti e dalla droga, avaro e simpatico al contempo. In una parola sola: “Tragico”. È sotto quel potente infuso d’amore che Amy vive il miglior momento della sua vita. Sono entrambi due figure grottesche, vagamente tratteggiate con definitiva decisione. Infatti, ormai distrutti dalla droga e dall’alcol, ambedue si lanciano in quel tuffo oscuro chiamato Blues. E mentre lui torna dalla sua ex, Amy ritorna al suo covo cupo e drammatico (“Back to black”). Poi la lenta risalita, vissuta in un fondo di bottiglia. E nel momento di leggera ripresa, Amy perde la nonna tanto amata, compianta nelle sue splendide canzoni. L’altalena pare concludersi, però Blake ritorna e i due si sposano in gran segreto. Il come questa storia d’amore è stata scritta è semplicemente eccezionale. Ricorda molto quel rapporto insano tra Dick Diver e Nicole Warren in “Tender is the night” di Francis Scott Fitzgerald. I due si amano, poi si odiano, infine scivolano nelle grida, nei disturbi alcolici e nel disprezzo reciproco. Finanche l’amore per se stessi non trionfa sulle cupe tenebre dell’abisso, e Blake abbandona una efferata Amy. Già, perché in questa confusione giovanile, Blake subisce diverse violenze da parte di una moglie completamente fuori controllo. E di qui, di nuovo da zero. Nei momenti finali si può ammirare una Amy disintossicata, ma triste. Forse perché quell’estro così accentuato non era un accessorio da portare in giro, ma una parte reale di una personalità tormentata e geniale.

They tried to make me go to Rehab But I said no, no, noYes I’ve been black, but when I come back You’ll know, know, know…

Amy Winehouse – Rehab

Spunti di riflessione

Da quando nel lontano 2016 Lala Land spaccò i botteghini, i musical sono ritornati in vetta. Bohemian Rhapsody, Shallow, Elvis, Rocketman sono solo alcuni esempi di come questo genere sia ritornato a imporsi nuovamente nei cinema. I musical si sono evoluti: prima erano carichi di spensieratezza, quasi accostati automaticamente a film per l’infanzia; oggi, tuttavia, qualcosa sembra cambiato, complice anche la volontà di riprendere la vita di noti personaggi storici. Negli ultimi anni abbiamo registrato performance da urlo nei musical: Rami Malek, Lady Gaga, Bradley Cooper, Austin Butler, Taron Egerton. Non c’è quindi da stupirsi se questo ultimo film su Amy Winehouse sia un capolavoro. Ciò anche grazie a una superba interpretazione di Marisa Abela. Ogni grido, ogni sguardo, ogni parola, ogni gesto di Amy Winehouse è capace di squarciare le plaghe dell’universo circostante. Questo perché quando il genio incontra il mondo quotidiano è sempre capace di spaccarlo, di irrompere nella normalità e di migliorarla con una sorprendente pennellata di ameno estro, quasi come un William Turner che completa con particolari ricercati le sue opere “Sublimi” (utilizzando, in un certo senso, un linguaggio Kantiano).In un dipinto come questo, non si può non parlare di libertà. Ciò perché Amy è una donna libera, emancipata, superiore ai suoi coetanei e troppo folle per essere apprezzata da una mediocrità disarmante e da uomini troppo piccoli per poterla domare nei suoi attimi più fugaci. La sua vita è rapida, esaustiva poiché vissuta al meglio. Prima di spegnersi come una sigaretta, Amy era quella stessa sigaretta in combustione: ardente, bruciante. Alla Cecco Angiolieri: “S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo”.

Colonna sonora e musica

Non basterebbe un libro per riassumere l’immensa carriera di Amy Winehouse. Tuttavia, in questo film sono stato raccolti alcuni dei suoi enormi successi, i quali vengono parzialmente contestualizzati grazie alla forza delle immagini e dei momenti struggenti vissuti. Numerosissimi i pezzi incastonati e incisi nella roccia, tutti iconici grazie alla voce inconfondibile di questa diva degli anni dieci del duemila. Ovviamente, però, si registrano anche altri numerosi e vividi atti musicali, altrettanto celebri poiché prodotti da enormi e mastodontiche personalità del jazz. Dagli anni dieci del novecento a quelli recenti, questa categoria fantastica della musica ha accolto una risma di artisti indefinita: da Elle Fitzgerald a Etta James. Dovremmo essere grati per aver vissuto nel decennio di un’icona del fashion e di aver potuto godere della sua fiammante ed echeggiante voce, vivida e viva come mai prima d’ora.

Cast

Da sottolineare la mastodontica impresa intrapresa da Marisa Abela, attrice che ha ridato afflato alla scomparsa cantante britannica. Durante la sua carriera, Marisa Abela ha recitato in pochissimi film “Blockbuster”, complice anche la giovanissima età. Venne selezionata per il film Barbie, partecipando con un ruolo secondario. Nell’estate dell’anno 2022, quando iniziarono le riprese del film in rose, giravano voci che fosse stata selezionata per il ruolo di Amy Winehouse in Back to Black. Una sfida non da poco. Bisognava inscenare una ragazza giovane, turbata, disturbata, scenicamente penetrante. Sicuramente, con questo film, la giovanissima attrice di Brighton si è lanciata nel mondo della produzione ad alta quota, candidandosi per un posto tra le comete attuali. Spero per lei che la sua carriera possa realizzarsi, e che questo non sia l’apice, ma solo l’inizio. Non esiste futuro che non possa essere rincorso, e Marisa Abela dovrebbe saperlo, specialmente dopo aver portato sul grande schermo una carismatica Amy Winehouse. Insomma, non esistono chimere, ma solo sogni che devono essere inseguiti. Riassumiamo questo duo insolito con le parole di un noto cantante Jazz Statunitense: “Fly me to the moon” (Frank Sinatra). Questo perché Amy Winehouse potrebbe lanciare Marisa Abela, e quest’ultima, con un’ottima interpretazione, potrebbe prolungare la notorietà dell’ormai deceduta artista britannica, conservandone saggiamente la gaudente armonia e la diabolica spigliatezza anche in questo decennio, a dodici anni dalla morte.

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Bravini pure Eddie Marsan e Jack O’Connel. Il primo nel ruolo del padre di Amy Winehouse, il secondo in quello di Blake, amore insano e insoddisfacente della voce soul bianca.

Applausi per la buona apparizione di Lesley Ann Manville, attrice che interpreta Cynthia Winehouse, nonna della buona Amy. Sicuramente uno dei personaggi più emotivi.

Well, sometimes, I go out by myself And I look across the water And I think of all the things, what you’re doin’ And in my head, I paint a picture

Mark Ronson ft. Amy Winehouse – Valerie

Regia e sceneggiatura

Questa volta siamo davanti a un capolavoro soprattutto per il lavoro che è stato svolto dietro le quinte. Insomma, la regista Sam Taylor-Johnson ha delle idee molto chiare in testa, e le realizza nel migliore dei modi. Una volta almanaccato perfettamente il progetto, esso prende vita in una forma assai elegante e rapida, una costante scarica di dopamina che evita di sproloquiare, affogando in discorsi sensibili e attinenti all’etica delle azioni dei protagonisti. No, qui sono le immagini a parlare, sono gli effetti, la fotografia, gli squarci di Londra, i primi piani sul grigiore o sul pallore della protagonista, sul buffo cappello del suo amante, sui nudi poetici e vagheggiati dalle ombre di un chiaroscuro sensibile alle luci della cinepresa. Non c’è niente di regolare in questo film, è come stare nella mente caotica di una pazza. E tutto questo può sembrare beffardo, può apparire come un dileggio insensato alla normalità che affoga molte persone. No, qui, utilizzando la frase di un noto cantante Pop contemporaneo, Amy “Sta annegando nella notte” (“I’m drowning in the night” Blinding Lights The Weeknd). “Sregolata frenesia che rimbomba nel mondo come il suono soave della sua voce graffiante”, è questo il modo con cui si può riassumere in poche parole il film. I più astrusi potranno strologarsi per intuire il reale impeto del film, però la verità è che senza folleggiare un minimo davanti la potenza espressiva del tutto non si potrà mai realmente apprezzare il complesso e articolato sistema ideato per soverchiare il mondo uggioso e pallido dell’odierno giorno. Allo spettatore si offre un prodotto vero, qualcosa di sensibile, amabile, duro, cruento, selvaggio, reale, apparentemente volgare o diseducativo. La verità è che quelle riprese, quei frammenti riprodotti riescono ancora a evocare lo spirito di Amy, ad abbattere quelle desolanti calunnie che i media hanno vomitato su di lei dopo la sua morte. In questo film c’è tutta la sensibilità di una ragazza che è rimasta travolta dalla sua caparbietà. In fondo, era un genio incompreso e quella sua musica non era altro che un singolo gesto d’arte, altrettanto oltraggiata. Alla fine, come in ogni libro che si rispetti, il genio muore sempre per i vizi: a Venezia Mann aveva ucciso il suo protagonista per amore; a Londra Wilde aveva ucciso Sybil Vane per supposta inferiorità; a Verona Shakespeare aveva ucciso due ragazzi per una fatale incomprensione, legata a una fanciullesca passione focosa; a Parigi Boudelaire aveva ucciso l’Albatros, invitando il mondo borghese a riflettere sull’idiosincrasia della cultura ottocentesca: una società troppo attenta a riacquistare materialismo piuttosto che ad accogliere i poeti nel petto e nei propri cuori.

L’arte per l’arte. Art for art’s sake.

Oscar Wilde

Non potevo usare parole migliori per descrivere la minuziosa perfezione di quest’opera. È tutto eccezionale, davvero. Il film rasenta il clamoroso.

Femminismo

Per quanto se ne possa dire, questo film è davvero una sberla morale al femminismo tracotante e impari che alcune formazioni sociali spingono avanti.

Qui, in questa pellicola realizzata da una donna su una donna e la cui protagonista è una donna interpretata da una donna, non c’è altro che la forza delle idee. C’è un Amy Winehouse che si spinge oltre, spintona il mondo, lo trafigge, si difende, poi lo percuote violentemente, lo lascia al suolo tramortito e lo rallegra con la sua voce.

Qui non ci sono diritti, qui c’è solo la parità del talento, solo la storia di una cantante che si è asfaltata un’autostrada autonomamente e l’ha percorsa senza l’ausilio di altri uomini.

You should be Stronger Than Me You been here seven years longer than me Don’t you know you supposed to be the man Not pale in comparison to who you think I am

Amy Winehouse – Stronger than me

La Recensione

Back to Black

9 Voto

"Dal punto di vista della forma, il tipo di ogni arte è la musica"Oscar Wilde - The picture of Dorian Gray

PRO

  • Trama
  • Cast
  • Fotografia
  • Espressione

Recensione

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